Tanto più diventano frequenti gli interventi di scienza e tecnica nella nostra vita quotidiana, tanto più si fanno invisibili, come se l'abitudine occultasse i vincoli che a esse ci legano. Eppure, si chiedeva Nietzsche nel 1873, non potrebbe essere che in questa situazione "l'uomo sta sospeso nei suoi sogni su qualcosa di spietato, avido, insaziabile e, per così dire, sul dorso di una tigre?"
Benché Nietzsche sia un riferimento imprescindibile per la valutazione filosofica della modernità, le sue riflessioni sull'impresa scientifica non sono mai state fatte oggetto di un' analisi approfondita come quella di Babette Babich. Sovvertendo gli stereotipi più radicati, l'autrice ci presenta un Nietzsche tanto impietoso nel denunciare le verità come "illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria" quanto audace esploratore della conoscenza scientifica, di quel lato tragico del sapere passato sotto il silenzio da filosofie della scienza troppo attente al metodo, troppo poco alla vita. D'altra parte, per comprendere la relazione della scienza con l'arte e la vita occorre per Babich muovere dalla "rivoluzione copernicana" prodotta da Nietzsche nel seno della conoscenza, nella quale si dissolve ogni pretesa di applicare legittimamente le tradizionali categorie estetiche, morali, politiche e filosofiche. Ciò non ci conduce alla quiete dello scetticismo: "talvolta vince davvero la verità: qualche errore ha lottato per lei.
"Il libro si rivolge a tutti i nietzscheani "di buona volontà", cioè a quanti ritengono che solo affrontando le pieghe profonde della critica si possa essere all'altezza della sfida che la scienza ci lancia in modo sempre più pervasivo.
Benché Nietzsche sia un riferimento imprescindibile per la valutazione filosofica della modernità, le sue riflessioni sull'impresa scientifica non sono mai state fatte oggetto di un' analisi approfondita come quella di Babette Babich. Sovvertendo gli stereotipi più radicati, l'autrice ci presenta un Nietzsche tanto impietoso nel denunciare le verità come "illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria" quanto audace esploratore della conoscenza scientifica, di quel lato tragico del sapere passato sotto il silenzio da filosofie della scienza troppo attente al metodo, troppo poco alla vita. D'altra parte, per comprendere la relazione della scienza con l'arte e la vita occorre per Babich muovere dalla "rivoluzione copernicana" prodotta da Nietzsche nel seno della conoscenza, nella quale si dissolve ogni pretesa di applicare legittimamente le tradizionali categorie estetiche, morali, politiche e filosofiche. Ciò non ci conduce alla quiete dello scetticismo: "talvolta vince davvero la verità: qualche errore ha lottato per lei.
"Il libro si rivolge a tutti i nietzscheani "di buona volontà", cioè a quanti ritengono che solo affrontando le pieghe profonde della critica si possa essere all'altezza della sfida che la scienza ci lancia in modo sempre più pervasivo.