"E se invece non fosse maligno e nemmeno cattivo? Non dal punto di vista della diagnosi ma della semantica.” Con questa domanda gli autori esordiscono, chiedendosi per quali ragioni il cancro abbia assunto, nell’immaginario e nel modo di raccontarlo, il carattere di un “essere” dotato di autonoma, e malvagia, volontà.
Recenti sviluppi e più moderni approcci clinici suggeriscono una possibile strategia di “cronicizzazione” del cancro. È da qui che bisogna ripartire. Se potrà essere così, allora assume nuova rilevanza anche il modo di “parlare” della malattia, poiché risulta evidente che la prospettiva di una convivenza con il cancro suggerisce di raccontarlo più come un ospite indesiderato, di cui avremmo fatto volentieri a meno, che come uno spietato killer che si è introdotto in maniera subdola quanto fatale.
Cambiare narrazione non è un diversivo ma può essere utile, così da abituarci al momento in cui la sua ingombrante presenza potrà comunque essere contenuta tra le mura della nostra esistenza.
Biografia degli autori
Pino Donghi
Pino Donghi, semiologo, si occupa di comunicazione della scienza. Come docente, all’Università di Bergamo e alla Sapienza di Roma, come curatore di Spoletoscienza dal 1989 al 2011, come collaboratore per la messa in scena di Infinities e co-autore di Biblioetica, ambedue con la regia di Luca Ronconi.Gianfranco Peluso
Gianfranco Peluso è direttore di ricerca presso il CNR e autore di oltre 130 pubblicazioni su riviste internazionali. Il suo campo di interesse è lo studio dei meccanismi che regolano la proliferazione, il differenziamento, la senescenza e la morte di cellule normali e trasformate.