"Modo formale di salutare, ingiunzione formale di 'dire tutto', attenzione cosiddetta fluttuante, che in ultima analisi è assenza di attenzione... tutto ciò ha per effetto che il paziente 1) sia offeso dalla mancanza o scarsità di interesse, 2) cerchi la causa della mancata reazione in se stesso, cioè nella qualità della sua comunicazione, 3) dubiti della realtà del contenuto, che prima era ancora così aderente al sentimento." Così Sàndor Ferenczi (1873-1933), l'allievo ribelle di Freud e uno dei maggiori innovatori della pratica psicoanalitica, apre questo Diario clinico, in cui raccoglie note e osservazioni sulle sedute analitiche che accompagnano gli utlimi mesi della sua vita. La lettura del Diario fa ipotizzare che Ferenczi abbia sperimentato l'inadeguatezza della tecniche classiche di fronte a un certo tipo di problemi.
Le critiche che riceve dai suoi pazienti sono le stesse che lui rivolge a Freud, quando gli rimprovera di avere perso interesse per l'aspetto terapeutico della psicoanalisi, di non amare più i suoi malati. Ma in che modo l'analista arriva a controllare le proprie debolezze e i propri limiti? Radiate a lungo dal dibattito psicoanalitico, le risposte di Ferenczi sono oggetto di un rinnovato interesse: la sua denuncia impietosa dei conflitti inerenti alla posizione di psicoanalista è particolarmente idonea a cogliere intterogativi e inquietudini che la psicoanalisi classica aveva solo intuito.
Le critiche che riceve dai suoi pazienti sono le stesse che lui rivolge a Freud, quando gli rimprovera di avere perso interesse per l'aspetto terapeutico della psicoanalisi, di non amare più i suoi malati. Ma in che modo l'analista arriva a controllare le proprie debolezze e i propri limiti? Radiate a lungo dal dibattito psicoanalitico, le risposte di Ferenczi sono oggetto di un rinnovato interesse: la sua denuncia impietosa dei conflitti inerenti alla posizione di psicoanalista è particolarmente idonea a cogliere intterogativi e inquietudini che la psicoanalisi classica aveva solo intuito.